12 luglio 2024
Omelia
Signor Sindaco, Gentili Servitori delle Istituzioni cittadine e di tutte le Istituzioni civili e militari qui rappresentate, Cittadini tutti, Sorelle e Fratelli in Cristo,
il profeta Osea dinanzi all’infedeltà idolatrica e alla perversione di Israele pronuncia questo oracolo: “«Io li guarirò dalla loro infedeltà, li amerò profondamente, poiché la mia ira si è allontanata da loro. Sarò come rugiada per Israele; fiorirà come un giglio e metterà radici come un albero del Libano, si spanderanno i suoi germogli e avrà la bellezza dell’olivo e la fragranza del Libano. Ritorneranno a sedersi alla mia ombra» (Os 14,5-8). Rosalia è fiorita e fiorisce, qui a Palermo, come un giglio profumato e come una rosa fulgida, perché è stata pervasa dall’amore di Dio. Dio trasfigura la vita di noi umani, di noi creature! Rosalia siamo noi! A maggior ragione se siamo stati rigenerati dalle acque battesimali, se portiamo nel nostro DNA umano il DNA divino di Cristo Gesù.
Nel Suo messaggio alla Chiesa di Palermo in occasione dell’Anno Giubilare Rosaliano, Papa Francesco ha voluto mettere al centro del suo discorso proprio il ‘motto’ della Santuzza trovato nella spelonca della Quisquina: «Ego Rosalia Sinibaldi quisquinae et rosarum domini filia amore Domini mei Iesu Christi in hoc antro habitari decrevi». “Amore Domini mei Iesu Christi”, ovvero ‘per amore del mio Dio’. «È il motivo che Santa Rosalia adduce consegnando la propria esistenza e abbandonando la ricchezza del mondo», dice il Papa. Amare significa consegnarsi. Uscire da sé stessi in un esodo imprevisto e incredibile, che ci proietta al di là di noi e ci fa credere nella vita, nel suo durare, nella sua forza, al di là dei confini della nostra personale esistenza e del nostro immediato essere alla vita. Rosalia si è consegnata, decidendo «nel suo cuore di fare spazio all’amore per donarlo agli altri, per sacrificarlo a favore del fratello, per condividerlo con quanti non lo hanno sperimentato a causa delle “pesti” che affliggono l’umanità».
Vorrei che raccogliessimo stamattina l’invito di Papa Francesco e che lo sentissimo rivolto a tutti noi. Siamo di fronte a una scelta epocale. Il Giubileo di Rosalia ce la mette davanti. I giorni che verranno potranno essere giorni di grazia, in cui fasciare le piaghe dei cuori spezzati, proclamare la libertà degli schiavi, consolare tutti gli afflitti (cfr Is 61,1) annunziare la gioia dell’alba di un mondo nuovo. Per farlo però dobbiamo avere il coraggio di abitare nella notte e di stare accanto alla sentinella di Isaia, chiedendole incessantemente, tutti insieme: «Sentinella, quanto resta della notte?» (cfr Is 21,11). Rosalia è la sentinella della nostra Palermo. Dobbiamo ripetere all’infinito la nostra domanda e quella che sale dalla Città, affiancando i disperati, i senza luce, tutti coloro che in carcere o sulle nostre strade sempre più insicure e accidentate gridano senza voce il loro desiderio di vita, di riscatto e di liberazione; gli scoraggiati e gli abbandonati nelle nostre case, negli ospedali e nelle case di riposo per anziani; ascoltando il lamento che sale dai vicoli e dalle piazze del centro storico segnati da violenza, furti e aggressioni, dallo spaccio a viso aperto delle nuove devastanti droghe che travolgono i nostri giovani. Dobbiamo levare noi la nostra voce, per tutti i dimenticati, per quelli che restano all’ombra del dolore: nella nostra Palermo bella, tormentata e tormentosa. Nella nostra Palermo che si appresta a fare memoria di un suo illustre cittadino, il giudice Paolo Borsellino e degli uomini e donne della sua scorta barbaramente uccisi dalla mafia, strage che attende ancora, non senza connivenze, silenzi e depistaggi, verità e giustizia. Rosalia ci annuncia oggi che la parola in cui è racchiusa la speranza non è l’odio ma l’amore, l’unica vera forza trasformante la convivenza umana. I tanti martiri della giustizia e della fede della nostra città ce lo confermano. Il 20 giugno 1992 Paolo Borsellino facendo memoria del suo fraterno amico Giovanni trucidato insieme alla scorta a Capaci disse: «Perché non si è turbato; perché è stato sempre pronto a rispondere a chiunque della speranza che era in lui? PER AMORE!». Chi ama Dio ama la città. Spera per e con la Città. Questi hanno contribuito alla liberazione e alla trasfigurazione di Palermo amandola perdutamente: amore urbis meae. Amministratori di questa nostra Città il Giubileo Rosaliano vi chiede, vi ordina di amare questa città! Chiede e ordina a tutti noi di amarla, con tutto il nostro essere, il nostro cuore, le nostre forze. Dimentichi di noi stessi, senza la ben minima ombra di un interesse personale o di parte. Disinteressatamente. Solo per amore.
La lettera autografa che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, mi ha voluto amabilmente indirizzare proprio ieri, suggerisce a chiare lettere questa prospettiva: “Non mi è possibile essere presente perché, come le ho detto, in quei giorni sarò in Brasile per una visita di Stato ma, come appartenente alla Diocesi che le è affidata, desidero esprimere la mia vicinanza a un evento così importante, nel corso del quale è la Città di Palermo ricorda la Santa che, insieme a San Benedetto il Moro, ne è patrona. Come Sua Santità Francesco ha ricordato, Santa Rosalia è donna di speranza, che ha operato una scelta controcorrente. Una scelta – vorrei aggiungere – quasi di scandalo per i criteri della società in cui Santa Rosalia viveva e ancor più per quelli della società di oggi. Speranza e scelte coraggiose, fuori dalle convenienze: sono gli elementi di cui avvertiamo, con sempre maggiore urgenza, grande bisogno, nella speranza che le celebrazioni del Festino inducano a praticarle”.
Rosalia ha vegliato e veglia su questa Città, ma veglierà anche su come saremo autenticamente capaci di praticare “scelte coraggiose, fuori dalle convenienze” per dare gambe alla speranza di quanti la abitano come Casa Comune.
Perseveriamo nell’amore, perché Palermo ha bisogno di chi la ami con i fatti e non solo a parole. S. Rosalia, prega e veglia su questa tua Città.