Le parrocchie dell’Arcidiocesi di Palermo vivono l’esperienza del pellegrinaggio verso la Cattedrale per onorare santa Rosalia, a 400 anni dal ritrovamento delle sue spoglie mortali. Il “Giubileo Rosaliano”, indetto dall’arcivescovo di Palermo monsignor Corrado Lorefice per il quarto centenario dell’evento che salvò la città dalla peste, è entrato nel vivo con il programma definito nei giorni scorsi dal Comitato Diocesano e che coinvolge i sei Vicariati: i fedeli delle diverse parrocchie del I e II Vicariato lo scorso 9 febbraio si sono recati in Cattedrale per la venerazione delle reliquie di Santa Rosalia e la Concelebrazione Eucaristica presieduta dall’Arcivescovo, Mons. Corrado Lorefice. Da Porta Nuova una processione si è snodata fino alla Cattedrale. Qui, alla fine della Celebrazione, l’Arcivescovo ha affidato ai Vicari Episcopali i reliquiari di S. Rosalia che nelle prossime settimane saranno ospitati nelle parrocchie secondo il calendario che sarà predisposto dai Vicari e dai parroci coordinatori e diffuso tramite i canali di comunicazione diocesani.
“Rosalia ha vissuto una vita che oggi ha ancora molto da dirci – ha sottolineato l’Arcivescovo Mons. Corrado Lorefice nella sua omelia – perché è una donna di un’attualità unica che ci ricorda il nostro mandato cristiano, che è quello di liberare i cuori. Rosalia scende in città e riconsegna alla gioia una città schiacciata dal male, schiacciata dal morbo della peste; Rosalia riconsegna la città alla vita. Oggi gioisco con voi perché questo è il motivo per cui abbiamo pensato il Giubileo nel IV Centenario: non per fare raduni o dare vita a una sequenza di celebrazioni ma perché Rosalia è pronta nuovamente a scendere in città per testimoniarci il primato della fede, della relazione con Dio che cambia le nostre vite. Rosalia ci riconsegna il compito di stare nella città, lo dico per i nostri figli, per i nostri nipoti, per i ragazzi, per i giovani. Oggi, come allora, c’è bisogno di una salda fede e Rosalia ci ricorda la fede salda, radicale: io, nei confronti di Dio; io, nei confronti del Figlio morto e risorto; io, nei confronti dello Spirito che ho ricevuto nei Sacramenti dell’iniziazione cristiana; io, riesco a dare questo primato d’amore a Dio? E le nostre comunità, hanno consapevolezza di quello che sta dicendo a noi questo tempo? Perché se allora era la peste, oggi abbiamo una sfida rappresentata dalla trasmissione della fede ai nostri figli, alle nuove generazioni; stiamo rischiando di non saper più trasmettere la fede, di non far capire cosa significa la presenza di Dio nella vita dei giovani. A volte diventiamo paurosi, anzi scappiamo dai giovani e li consegniamo nelle mani di una peste infernale: la fragilità, la solitudine, la paura che li porta ad essere manipolati, predati, dai falsi venditori di felicità”.